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Sulle periferie romane avete rotto il cazzo

Ogni volta che qualche residente delle periferie romane diventa protagonista di un atto di disobbedienza civile, c’è come una sensazione di scalpore, come se nessuno da quelle zone potesse avere un pensiero strutturato e critico. È una sensazione che ho percepito, soprattutto stando fuori Roma, anche sul caso dell’adolescente che ha espresso il suo dissenso in faccia agli affiliati di Casapound a Torre Maura, nella periferia sud-est di Roma, dopo le proteste per il trasferimento in zona di alcune famiglie di etnia rom.

Non è un discorso su quanto accaduto in quelle zone dimenticate dalle istituzioni quanto dai cittadini, a definire gli avvenimenti ci ha già pensato quel ragazzetto per fortuna. Parlo proprio dell’impressione che si ha quando accadono episodi simili, quando la veracità supera il significato dietro certi avvenimenti. Nel caso di Torre Maura, il 15enne che sfida i neofascisti è una leggera e forte nota di profumo in un mare di letame, con questo scalpore destato da non si sa bene cosa.

L’estate scorsa è successa la stessa cosa, con il caso di Ivano che in diretta su La7 accusò i manifestanti neofascisti accorsi fuori dal centro di asilo di Rocca di Papa di cavalcare gli eventi a fini di consenso. Anche in quel caso ho avuto sempre la stessa impressione: l’elemento folkloristico supera il significato. E questa impressione me l’hanno data gli stessi con cui ce l’ho scrivendo queste povere righe: una precisa parte della società che è cieca rispetto a chi vive fuori dal salotto. Che si dice zoppo, ma va a correre. E non sono i “furbetti” dei comuni, ma i “ciechi” della politica. C’è da dirgli “sveglia”: nelle disastrate periferie romane, dove la dispersione scolastica e le problematiche socio-economiche scandiscono le giornate di molti, c’è vita. E pensiero. Anche politico.

Avete rotto il cazzo, concedetemelo, a pensare il contrario solo perché serve a rinforzare certi preconcetti che, nel caso dei soggetti politici e istituzionali coinvolti questo processo, servono a coprirsi dietro al paravento di una responsabilità mancata. Tradotto, cari “ciechi”: vi dimenticate delle periferie salvo parlarne quando sbucano a dirvi che esistono nonostante le strade con pochi marciapiedi, gli stessi dove il pane viene sprecato. Lo fate fino alle prossime elezioni, quando ritorna la memoria. Tacete, sprofondati in comode poltrone bianche. Fatelo, per favore.